Superbonus, nessuna revoca in assenza del salto energetico
Il decreto “Salva spese” prevede che le detrazioni spettanti per gli interventi rientranti nella disciplina del cd. Superbonus, per le quali – sulla base di stati di avanzamento dei lavori effettuati fino al 31 dicembre 2023 – è stata esercitata l’opzione per lo sconto in fattura o la cessione del credito, non siano oggetto di recupero in caso di mancata ultimazione dell’intervento stesso. Ulteriormente, dal 1° gennaio 2024 per le spese sostenute da tale data al 31 dicembre 2024, la detrazione spetta nella misura del 70% ed esclusivamente a condomìni, persone fisiche proprietarie (o comproprietarie) di edifici composti fino a 4 unità immobiliari, Onlus, Associazioni di volontariato e di promozione sociale.
Premessa
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Dl 29 dicembre 2023, n. 212, rubricato “Misure urgenti relative alle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 119, 119-ter e 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n.77” (cd. decreto “Salva spese”), il Governo ha varato una serie di misure importanti con riferimento ai bonus edilizi ormai in scadenza (come il cd. Superbonus che, come noto, dal 1° gennaio 2024 non esiste più nella sua originaria formulazione con aliquota di detrazione al 110%) e ad altri bonus edilizi ancora oggi in vigore.
Le principali novità del decreto “Salva spese”
Le principali linee di intervento del decreto “Salva spese” concernono: (i) la possibilità per alcuni contribuenti di continuare a usufruire dell’aliquota del 110% per le spese sostenute in relazione a bonus edilizi di cui agli articoli 119 e 121 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (nel seguito, decreto Rilancio) a condizione che gli stessi interventi, entro il 31 dicembre 2023, abbiano raggiunto uno stato avanzamento lavori pari ad almeno il 60%; (ii) l’introduzione di una deroga per tutti gli specifici interventi edilizi agevolati che, in caso di mancata ultimazione, non abbiano raggiunto le condizioni minime di efficientamento energetico richieste dall’articolo 119, comma 3, del Decreto Rilancio: per tali interventi viene previsto il divieto del recupero dell’agevolazione da parte dell’Amministrazione finanziaria; (iii) importanti novità con riferimento al cd. bonus barriere architettoniche di cui all’articolo 119-ter del Decreto Rilancio.
Superbonus: contributo a fondo perduto a compensazione della riduzione dell’aliquota
In merito al primo punto oggetto di analisi, l’intento del legislatore risulta molto chiaro ed è finalizzato ad agevolare il passaggio dall’aliquota del 110%, prevista negli anni precedenti, a quella del 70%, prevista per l’anno d’imposta 2024. Tale possibilità, come già anticipato, riguarda una specifica categoria di contribuente e non vale per la generalità di essi. In particolare, è rivolta a tutti i beneficiari con reddito fino a euro 15.000, determinato ai sensi dell’articolo 119, comma 8-bis del decreto Rilancio, e riguarda un intervallo temporale ridotto poiché copre le spese sostenute, da tali contribuenti, dal 1° gennaio al 31 ottobre 2024. In buona sostanza, il Governo, mediante modalità ancora da stabilire, erogherà a detti soggetti un contributo che coprirà la differenza tra il 70% (attuale agevolazione) e il 110% (agevolazione programmata dai beneficiari ad inizio lavori).
Dunque, l’intervento può apprezzarsi per il tentativo di contribuire, mediante l’erogazione di un contributo, al sostenimento delle spese con la medesima aliquota programmata ad inizio lavori per le famiglie meno abbienti.
Disposizione “salva liti” su interventi Superbonus
Con riferimento al secondo punto oggetto di analisi, la novità è contenuta nell’articolo 1, comma 1, del Decreto Salva Spese, e riguarda l’esclusione del recupero da parte dell’agenzia delle Entrate di alcune tipologie di lavori che, in caso di mancata ultimazione, non hanno raggiunto gli standard di efficienza energetica, richiesti dall’articolo 119, comma 3, del Decreto Rilancio, necessari per usufruire dell’agevolazione (“Ai fini dell’accesso alla detrazione, gli interventi di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo devono rispettare i requisiti minimi previsti dai decreti di cui al comma 3-ter dell’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, e, nel loro complesso, devono assicurare, anche congiuntamente agli interventi di cui ai commi 5 e 6 del presente articolo, il miglioramento di almeno due classi energetiche dell’edificio o delle unità immobiliari situate all’ interno di edifici plurifamiliari le quali siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall’esterno, ovvero, se ciò non sia possibile, il conseguimento della classe energetica più alta, da dimostrare mediante l’attestato di prestazione energetica (A.P.E.), di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, prima e dopo l’intervento, rilasciato da un tecnico abilitato nella forma della dichiarazione asseverata”).
Tuttavia, questa salvaguardia opera al verificarsi, contemporaneamente, delle seguenti condizioni:
– si deve trattare di un intervento “Superbonus” (110% o 90%);
– dev’essere esercitata l’opzione per la cessione del credito o per lo sconto in fattura;
– l’opzione deve aver riguardato uno o più Sal (Stato avanzamento lavori) effettuati entro il 31 dicembre 2023
(si ritiene anche se materialmente redatti ad inizio 2024).
Di conseguenza, dalla lettura del testo emerge che nessuna deroga alla conclusione dei lavori riguarda chi ha
optato per la detrazione: la salvaguardia opera solamente in caso di esercizio dell’opzione alternativa alla detrazione.
Rimangono fuori da ogni tipo di salvaguardia i cd. bonus minori diversi dal Superbonus. Inoltre, la disposizione fa salva l’applicazione dei commi 4, 5 e 6 dell’articolo 121 del decreto Rilancio, con riferimento alla mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione in commento. Si tratta, pertanto, di tutte le condizioni soggettive, oggettive e documentali su cui si basa la spettanza dell’agevolazione fiscale. Andrà, in ogni caso, dimostrato che, sebbene l’interruzione dei lavori non abbia consentito di raggiungere gli obiettivi di risparmio energetico o di sicurezza antisismica richiesti, l’intervento (così come progettato se fosse terminato) avrebbe avuto tutte le carte in regola.
Barriere architettoniche: modifiche dei requisiti oggettivi, obblighi e limitazioni all’esercizio delle opzioni per sconto in fattura o cessione del credito
Venendo al terzo punto oggetto di analisi, a nostro avviso quello più significativo, il testo del provvedimento prevede modifiche pervasive al bonus barriere architettoniche disciplinato dall’articolo 119-ter del decreto rilancio.
In particolare, la prima linea di intervento riguarda la limitazione del perimetro oggettivo dell’agevolazione che, dopo le modifiche apportate dal provvedimento in commento, riguarderà esclusivamente “scale, rampe, ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici”. Restano così esclusi dal beneficio fiscale due interventi che, a livello commerciale, erano diventati molto rilevanti negli ultimi mesi: la sostituzione degli infissi e il rifacimento dei bagni.
Inoltre, la seconda linea di intervento è finalizzata ad aumentare il rigore per gli interventi ancora ammessi al beneficio fiscale in quanto il comma 4 dell’articolo 119-ter, nella sua nuova formulazione, prevede che il rispetto dei requisiti, di cui al decreto del Ministro dei Lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236, deve risultare da apposita asseverazione rilasciata da tecnici abilitati.
In aggiunta, viene anche limitata la possibilità di esercitare le opzioni di cessione del credito o sconto in fattura per i predetti interventi, poiché il comma 2 dell’articolo 3 del Decreto Salva Spese evidenzia che il divieto di esercizio delle opzioni di cui all’articolo 121, comma 1, del decreto Rilancio (cessione del credito e sconto in fattura) non opera con riferimento alle spese sostenute successivamente alla data del 31 dicembre 2023 da:
– condomini, in relazione a interventi su parti comuni di edifici a prevalente destinazione abitativa;
– persone fisiche, in relazione a interventi su edifici unifamiliari o unità abitative site in edifici plurifamiliari, a condizione che il contribuente sia titolare di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare, che la stessa unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale e che il contribuente abbia un reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro, determinato ai sensi del comma 8- bis dell’articolo 119 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77. Il requisito reddituale di cui al primo periodo non si applica se nel nucleo familiare del contribuente è presente un soggetto in condizioni di disabilità accertata ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
Di conseguenza, l’impatto del nuovo provvedimento risulta particolarmente significativo: la possibilità di esercitare le opzioni alternative alla detrazione rimangono, infatti, solamente per i lavori effettuati su parti comuni di edifici condominiali a prevalente destinazione abitativa e per gli interventi effettuati sugli edifici unifamiliari qualora le spese siano sostenute da persone fisiche con determinati requisiti reddituali, come sopra enunciato, o qualora sia presente nel nucleo familiare “un soggetto in condizioni di disabilità accertata”. Potranno, tuttavia, continuare a beneficiare delle opzioni alternative previste dal comma 1, articolo 121 del Decreto Rilancio le spese sostenute in relazione agli interventi edilizi per i quali in data antecedente a quella di entrata in vigore del Decreto Salva Spese stesso:
a) risulti presentata la richiesta del titolo abilitativo, ove necessario;
b) per gli interventi per i quali non è prevista la presentazione di un titolo abilitativo, siano già iniziati i lavori oppure, nel caso in cui i lavori non siano ancora iniziati, sia già stato stipulato un accordo vincolante tra le parti per la fornitura di beni e dei servizi oggetto dei lavori e sia stato versato un acconto sul prezzo.
In buona sostanza, rimarrà intatto il vecchio regime per coloro che, entro il giorno precedente all’entrata in vigore del provvedimento in commento (28 dicembre 2023), abbiano depositato un titolo abilitativo per comunicare l’avvio dei lavori presso gli uffici competenti oppure, qualora si ricada in regime di edilizia libera, abbiano iniziato i lavori oppure abbiano firmato un accordo vincolante con il fornitore e abbiano versato un acconto per la realizzazione degli interventi agevolabili. Come dichiarato nella relazione illustrativa del decreto in esame, la volontà del legislatore è stata quella di “evitare ogni possibilità di comportamenti opportunistici” in relazione alle agevolazioni fiscali previste per questa tipologia di bonus edilizi.
Gli scenari futuri
È da segnalare un’ulteriore previsione che prevede, a partire dalla data di entrata in vigore del decreto in parola, l’esclusione della possibilità di cessione del credito d’imposta nel caso di interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici relativi alle zone sismiche 1, 2 e 3, compresi in piani di recupero di patrimoni edilizi o riqualificazione urbana e per i quali non sia stato richiesto, prima della stessa data, il relativo titolo abilitativo.
Fermo restando quanto sopra enucleato, ad oggi, la possibilità di esercitare l’opzione per la cessione del credito o lo sconto in fattura permane, escludendo i casi già menzionati, per le spese sostenute per gli interventi eseguiti ai sensi degli articoli 119 e 121, comma 2, del decreto Rilancio per i quali in data antecedente a quella di entrata in vigore del decreto legge 16 febbraio 2023, n. 11 (nel seguito, “Decreto Cessioni”), ossia il 17 febbraio 2023:
i. per gli interventi diversi da quelli effettuati dai condomìni, risulti presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA), ai sensi dell’articolo 119, comma 13-ter, del decreto legge n. 34 del 2020 o risulti presentata la richiesta del titolo abilitativo (ove necessario);
ii. per gli interventi effettuati dai condomìni, risulti adottata la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori e risulti presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA), ai sensi dell’articolo 119, comma 13-ter, del Decreto legge n. 34 del 2020;
iii. per gli interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici, risulti presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo. Con esclusivo riferimento alle aree classificate come zone sismiche di categoria 1, 2 e 3, le disposizioni della presente lettera si applicano anche alle spese per gli interventi già rientranti nell’ambito di applicazione degli articoli 119 e 121, comma 2, del Decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, compresi in piani di recupero del patrimonio edilizio esistente o di riqualificazione urbana comunque denominati, che abbiano contenuti progettuali di dettaglio, attuabili a mezzo di titoli semplificati, i quali alla data di entrata in vigore del presente Decreto risultino approvati dalle Amministrazioni comunali a termine di legge e che concorrano al risparmio del consumo energetico e all’adeguamento sismico dei fabbricati interessati; iv. per gli interventi per i quali non è prevista la presentazione di un titolo abilitativo, siano già iniziati i lavori oppure, nel caso in cui i lavori non siano ancora iniziati, sia già stato stipulato un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori. Nel caso in cui alla data di entrata in vigore del presente decreto non risultino versati acconti, la data antecedente dell’inizio dei lavori o della stipulazione di un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori dev’essere attestata sia dal cedente o committente sia dal cessionario o prestatore mediante dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà resa ai sensi dell’articolo 47 del Dpr 28 dicembre 2000, n. 445; v. risulti presentata, con riguardo alle agevolazioni di cui all’articolo 16-bis, commi 1, lettera d), e 3, del Dpr 22 dicembre 1986, n. 917, e all’articolo 16, comma 1-septies, del decreto legge 4 giugno 2013, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 90, la richiesta di titolo abilitativo per l’esecuzione dei lavori edilizi. Inoltre, si segnala che, al comma 3-bis dell’articolo 2 del decreto Cessioni, rimane ferma la previsione per la quale “le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano alle opzioni di cui all’articolo 121, comma 1, lettere a) e b), del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, esercitate dai soggetti di cui alle lettere c), d) e d-bis) del comma 9 dell’articolo 119 del medesimo decreto-legge n. 34 del 2020 che risultano già costituiti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Con riguardo ai soggetti di cui alla predetta lettera d-bis) del comma 9 dell’articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020, tutti i requisiti necessari ai fini dell’applicazione delle disposizioni del comma 10-bis del medesimo articolo 119 devono sussistere fin dalla data di avvio dei lavori o, se precedente, di sostenimento delle spese, e devono permanere fino alla fine dell’ultimo periodo d’imposta di fruizione delle quote annuali costanti di detrazione, salvo il requisito della registrazione del contratto di comodato d’uso, nel caso di detenzione a tale titolo dell’immobile oggetto degli interventi, per il quale il secondo periodo del citato articolo 119, comma 10-bis, lettera b), prevede espressamente la sussistenza da data certa anteriore alla data di entrata in vigore del medesimo comma 10-bis”.
In buona sostanza, dall’analisi di tale ultima previsione è possibile affermare che la possibilità di esercitare le opzioni di cessione del credito e sconto in fattura permane ancora oggi, non solo per i casi analizzati in precedenza e per coloro che prima dell’entrata in vigore del Decreto Cessioni avessero già espletato gli adempimenti richiesti dalla normativa precedentemente menzionata, ma anche per tutti gli enti come:
– Istituti autonomi case popolari (Iacp) comunque denominati nonché enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti istituti, creati nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione europea in materia di “in house providing” per interventi realizzati su immobili, di loro proprietà ovvero gestiti per conto dei Comuni, adibiti ad edilizia residenziale pubblica;
– cooperative di abitazione a proprietà indivisa, per interventi realizzati su immobili dalle stesse posseduti e assegnati in godimento ai propri soci;
– Organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui all’articolo 6 della legge 11 agosto 1991, n. 266, e associazioni di promozione sociale iscritte nel registro na-zionale e nei registri regionali e delle Province autonome di Trento e di Bolzano previsti dall’articolo 7 della legge 7 dicembre 2000, n. 383;
– associazioni e società sportive dilettantistiche iscritte nel registro istituito ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, limitatamente ai lavori destinati ai soli immobili o parti di immobili adibiti a spogliatoi.
Tutti i soggetti sopra individuati, ferme restando le aliquote di detrazione previste per il presente periodo d’imposta e per i successivi, possono ancora beneficiare delle agevolazioni fiscali in materia di bonus edilizi nella loro formulazione originaria e cioè potendo usufruire delle alternative alla detrazione, individuate nella cessione del credito e nello sconto in fattura.
Inoltre, i soggetti individuati dall’articolo 119, comma 9, lett. d-bis), in particolare parliamo delle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus), delle Organizzazioni di volontariato (Odv) iscritte nei registri e delle Associazioni di promozione sociale (Aps) che svolgono prestazioni di servizi socio-sanitari e assistenziali, possono ancora beneficiare dell’aliquota agevolata al 110%, oltre che della possibilità, ormai preclusa a quasi la totalità di contribuenti, di optare per la cessione del credito o lo sconto in fattura (si veda l’articolo 119 del Decreto Rilancio, comma 8-ter). Si evidenzia come tale nuova impostazione normativa abbia come primo obiettivo quello di razionalizzare in maniera significativa la disciplina dei bonus edilizi prevedendo forti limitazioni soprattutto ai bonus che, fino a qualche settimana fa, potevano essere ancora oggetto di cessione e sconto in fattura senza alcun tipo di limitazione. Tuttavia, vengono previste clausole di salvaguardia per chi, in data antecedente a quella di pubblicazione del Decreto oggetto di analisi, abbia già dato avvio ai lavori. Da ultimo, ampliando la nostra analisi al contesto di riforma che sta avvenendo a livello europeo con riguardo agli immobili (si pensi alla direttiva Ue “Energy performance building directive” (EPBD), cd. “direttiva Case Green”, avente ad oggetto il progressivo miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici europei), il tema dei bonus edilizi, a nostro avviso, tronerà sicuramente centrale per due ragioni principali. La prima: secondo alcune stime realizzate dall’Associazione nazionale costruttori edili (Ance), nel patrimonio immobiliare italiano oltre 9 milioni di edifici residenziali, su 12,2 milioni, non rispettano le performance energetiche richieste dall’Unione europea, poiché si riferiscono per lo più alle classi energetiche maggiormente inquinanti. La seconda: ad oggi, non sono ancora stati definiti i meccanismi finanziari necessari per poter realizzare tale rinnovamento. Di conseguenza, l’utilizzo della leva fiscale (detrazioni, crediti d’imposta ecc.) risulterebbe uno strumento adatto e flessibile per veicolare detti investimenti.
In particolare, ci riferiamo a misure volte a garantire un’immediata liquidità per le imprese ed un evidente incentivo per i proprietari alla transizione ecologica in linea con gli obiettivi europei. Emerge, ad avviso di chi scrive, la necessità di configurare nuovi meccanismi di stimolazione e incentivazione del rinnovamento edilizio, partendo da quanto di buono ha insegnato la normativa sul Superbonus 110%, introdotto dal decreto Rilancio, e implementando soluzioni innovative che soddisfino il raggiungimento degli obiettivi richiesti dall’Unione europea, contestualmente, garantendo certezza della normativa e, di conseguenza, la consapevolezza degli investimenti di tutti i soggetti coinvolti.